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La storia della famiglia Michelangeli
(dal bisnonno emigrante alla nipote ricercatrice in economia)

La storia della famiglia Michelangeli è una storia vera, iniziata nel lontano 1913 e non è ancora conclusa. I protagonisti hanno vissuto e sofferto in prima persona, mettendo in atto tutte le strategie per assicurarsi un futuro migliore e gratificante. Ma cominciamo…

Serafino Michelangeli (classe 1887) vive a Misano Adriatico (RN) in Italia con la moglie Maria, incinta, e il figlio Giuseppe di due anni. La loro è una vita di stenti e rinunce, così Serafino decide di partire per gli Stati Uniti con il suo amico Augusto. Iniziano i preparativi.

2 luglio 1913
Misano Adriatico
”Ho poco tempo per preparare la mia valigia di cartone e mettere dentro solo l’essenziale. Le lancette dell’orologio sembrano andare più veloci suscitando in me un’ansia tremenda, il sole inizia ad alzarsi nel cielo.
Ho paura di quello che mi aspetterà in America perché la mia famiglia non ci sarà e già ne sento la nostalgia. Mia moglie è incinta e spero che mio figlio cresca bene anche senza di me. È arrivato il momento dei saluti, forse sarà il momento più triste della mia vita! Mia moglie ha gli occhi pieni di lacrime che cerca di nascondere davanti a me.

Chissà se mio figlio Giuseppe si ricorderà di me, magari ancora non capisce cosa sta succedendo ma spero di potergli spiegare un giorno che sono andato in America per guadagnare molti soldi e assicurargli un futuro migliore.

Giuseppe mi saluta con un sorriso ingenuo stampato sul volto che ricorderò sempre e farò di questo la mia forza. Adesso mi incammino nella stradina sterrata del paese … eccolo! A metà strada, di fronte alla chiesetta del paese, puntuale come sempre c’è Augusto, il mio migliore amico che mi accompagnerà in questo viaggio.

A differenza di me, lui sa leggere e scrivere. Arrivati in ferrovia, aspettiamo il treno con il sole cocente che ci batte in testa. All’improvviso lo vediamo arrivare. Noi ci sediamo in terza classe, praticamente ci sono delle carrozze logore e arrugginite. Siamo seduti su vecchie brande rotte, c’è un silenzio assordante, ma il rumore dei motori del treno sicuramente non mi farà addormentare. Ci stiamo avviando al porto di Napoli dove ci sta aspettando la nave San Guglielmo che ci porterà fino in America. Siamo in treno da tre ore e la noia mi sta uccidendo, ma inaspettatamente il mio amico tira fuori dal suo taschino le carte da gioco e sul pavimento della carrozza iniziamo a giocare.
Il treno si ferma con un sussulto, siamo arrivati alla stazione di Napoli. Proseguo per un piazzale trafficato vicino al porto, attraverso la folla e intravedo lo scafo della nave. Ci hanno assegnato il posto nella cabina 14, non è una delle migliori, ma almeno è pulita. Mi stendo sulla brandina e provo a dormire, ma è talmente scomoda che non riesco a prendere sonno anche se sono esausto. Spero di trovare velocemente qualche possibilità di lavoro a New Haven nel Connecticut per aiutare economicamente la mia famiglia e non farle pesare di averla abbandonata  – peccato che non scriverà più per 30 anni -

Sei giorni dopo
E’ iniziato un brutto temporale, speriamo finisca presto. Alla luce frequente dei lampi appare il mare e riesco così a vedere meglio, visto che la candela si sta spegnendo. Le onde si infrangono contro la nave, mi rannicchio sulla mia branda perché il vento entra dalle fessure. Il mio amico Augusto ha già chiuso gli occhi e mi chiedo come faccia a dormire con questo trambusto. Meglio che provi a dormire anch’io, sperando che il mare si calmi durante la notte. Spero che la traversata vada a buon fine, sono turbato dal pensiero che la nave possa affondare.

Nove giorni dopo
Siamo quasi arrivati, in lontananza si vede la Statua della Libertà che sembra sostenere i viaggiatori che arrivano da mari lontani, dando loro la forza di ritrovare quella speranza ormai perduta.

Inizio così a percepire dentro di me una strana sensazione di paura, ho timore che questo lungo viaggio, che con tanto impegno e fatica sono riuscito a realizzare, non sia servito a nulla e, se questo dovesse accadere, sarebbe veramente per me una grande sconfitta, e non oso pensare a cosa potrebbe avvenire in seguito.

Siamo appena sbarcati, la paura aumenta notevolmente quando le guardie ci ordinano di disporci in riga, i controlli sono veramente scrupolosi, non tralasciano nessuno, ogni piccolo dubbio di malattia può portarci a terribili conseguenze … Ed ecco che arriva il mio turno, il cuore mi batte fortissimo, cerco di trattenermi in modo da non evidenziare la mia angoscia, le mani iniziano a tremarmi, cerco di intuire attraverso l’espressione degli agenti come stia andando la visita, ma è difficile perché tengono sempre un’aria rigida e piuttosto fredda. Ma dopo un periodo che sembra interminabile, mi lasciano andare, sospiro profondamente, ora sono veramente felice, è andato tutto per il meglio; anche il mio amico è riuscito a passare i controlli, così continueremo la nostra avventura insieme.

Dal registro di Ellis Island-U.S.A.:

First name

Serafino

Last name

Michelangeli

Ethnicity

Italy Italian South

Last place of Residence

Misano Adriatico, Italy

Date of arrival

July, 24, 1913

Age at arrival

26 years old            Gender: M
Marital Status: M

Ship of travel

San Guglielmo

Port of departure

Napoli

Manifest line number

0017

Vi è una gran confusione: gente che urla e piange disperatamente, non riesco neppure a immaginarmi il loro stato d’animo e il dolore che provano in questo momento, perché credo che la situazione sia veramente terribile. Finalmente allontanati dalla folla opprimente, ci incamminiamo verso il traghetto dove ci imbarcheremo per andare sulla costa… Dopo tre lunghe ore di viaggio, entrambi siamo esausti, è stata una giornata lunga e faticosa, ma non è ancora finita e quindi dobbiamo farci forza: dopo pochi minuti sbarchiamo, un attimo di smarrimento e tra la folla intravedo un uomo che alza un grande cartello con scritto “New Haven”, così Augusto lo indica ed esclama: ”Eccolo, è lui l’uomo che ci serve!” riferendosi proprio al taxista con il cartello. Ci avviciniamo, facendoci spazio fra la gente, in questo modo saliamo sul taxi. Eccoci nel quartiere italiano, tutto mi ricorda la mia città natale, il mio piccolo e amato paesino, i negozi e i prodotti riportano le stesse sigle, ma la cosa che più mi colpisce è la tipica piadina romagnola.

Oggi è domenica e mi rattrista il pensiero di non poter pregare Dio, che mi ha donato la vita; spero che proteggerà sempre me e la mia cara famiglia. Così decido di incamminarmi per cercare una chiesa, mi guardo attorno e ogni cosa mi ricorda la mia città, questi abitanti sembrano conoscersi tutti e continuano a ridere, lanciandomi delle strane occhiate come se fossi per loro un estraneo. Domando a un uomo di vecchia età dove io possa trovare un chiesa poiché non so leggere le indicazioni, considerato che sono analfabeta, e così mi indica la strada, proseguo il percorso ed ecco che mi ritrovo di fronte alla chiesetta. Appena finita la messa, ci avviamo verso il parroco che si sta intrattenendo con i suoi compaesani, per chiedergli dove vivesse Amleto (amico di vecchia data di Augusto, trasferitosi in America qualche anno prima). Il prete, che è un italiano, ci indica un condominio lì di fronte e ci dice che Amleto si trova al terzo piano, in fondo al corridoio a destra.
Appena aperta la porta, Augusto e Amleto si scambiano un caloroso abbraccio. Aveva già preparato le brande (Augusto gli aveva precedentemente spedito una lettera comunicandogli che sarebbero venuti a stare da lui, vista la scarsità di risorse economiche di cui disponevano). È un appartamento non molto grande, ma accogliente. Ora vado a coricarmi perché la giornata è stata sfiancante. All'indomani mi metterò subito a cercare lavoro e presumo sarà una nuova giornata molto impegnativa.
Mi sono svegliato all'alba per svuotare la mia valigia di cartone e cercare il “vestito buono” da mettermi per andare a chiedere lavoro.
Prendo un taxi per raggiungere l'università di Yale. Dopo un colloquio con il capo dell'istituto, ho ottenuto il lavoro come giardiniere presso i giardini nord dell'università, (i più grandi e belli di tutto l'istituto). Il salario non è molto alto ma almeno mi garantisce un po' di soldi per poter essere autonomo. La cosa mi soddisfa molto e mi rende felice perché questo è un impiego che mi appartiene da quando ero piccolo, poiché già da allora lavoravo come contadino. Ma non voglio rinunciare alle mie aspettative, desidero mettere via qualche soldo in più e trovare, quindi, anche un altro mestiere, ma date le mie poche capacità, come secondo lavoro posso limitarmi a fare il lustrascarpe, la cosa non mi infastidisce molto, perché ho deciso di iniziare questa avventura con lo scopo di guadagnare soldi”.

Ma nel frattempo cosa accadeva alla famiglia Michelangeli rimasta in Italia?
I figli di Serafino non avranno più notizie del padre che adesso lavora in America.
Secondo, il secondogenito di Serafino Michelangeli, all’età di 23 anni si sposa con Annunziata detta Ciadina, il 27 Novembre 1937 a Misano Adriatico.

Gli anni passano, ma il destino divide per l’ennesima volta la famiglia Michelangeli: Secondo, insieme al fratello Giuseppe, parte per la guerra in Libia, lasciando così la moglie e il piccolo figlio Mario di soli 2 anni. Dal fronte libico, Secondo spedisce una cartolina che rappresenta il Santo Natale rivolta al padre mai conosciuto.

Poco dopo, l’uomo viene catturato e fatto prigioniero dagli inglesi, che lo portano in un campo di prigionia in Gran Bretagna.

Secondo decide di spedire alla famiglia una foto che lo ritrae sorridente insieme ad altri prigionieri, per dimostrare che era sopravvissuto agli attacchi, ma a causa della censura non può esprimere nessun sentimento, neanche fare un saluto alla moglie e al figlio Mario, ormai cresciuto, ma può soltanto scrivere il proprio numero di matricola.

Qui Secondo, dopo circa un anno, su richiesta di manodopera da parte di una famiglia gallese, come prigioniero, lavorerà presso una fattoria agricola. Egli stesso racconta: “Sono stanco, lavoro tutto il giorno senza mai fermarmi, i padroni sono molto esigenti: vogliono che io munga tutte le mucche, che dia loro da mangiare il foraggio, che non è sempre sufficiente! Ora sta piovendo e sono inzuppato di fango e letame, ma non mi lamento mai con i miei nuovi padroni, una giovane coppia di gallesi, che parla solo il loro “dialetto” ovvero il  gallese e mai l’inglese. A dire il vero io non li capisco, ma annuisco, sorrido e continuo il mio lavoro. Non mi posso lamentare di fare il fattore in questo momento, perché paragonato al fronte, qui è un paradiso!

Ogni sera, noi prigionieri ci ritroviamo tutti insieme all’Osteria di Trègaron vicino alla fattoria, dove scherziamo, giochiamo a carte e beviamo qualche birra.

Quando mi sdraio sul mio letto di paglia alla sera, mi viene sempre in mente la bellissima immagine della mia famiglia in Italia, e il mio piccolo Mario che ormai sarà diventato un ragazzo! Pensando a loro mi scende qualche lacrima sul viso.

Anche se non siamo del tutto liberi ci definiamo fortunati, perché siamo vivi e sorridiamo alla vita!

La mia padrona è una brava donna, mi ha regalato una vecchia bicicletta arrugginita e cigolante trovata in un fosso; l’ho rimessa a nuovo così che alla domenica ho la possibilità di andare in chiesa per assistere alla Santa Messa insieme agli altri cristiani”.

Circa quattro anni dopo, Secondo non è più prigioniero di guerra e si può definire così un uomo libero. Decide di tornare in Italia, per riabbracciare la sua famiglia e la sua patria che aveva lasciato molti anni prima. Qui trova tanta desolazione e miseria a causa della terribile guerra che aveva colpito l’Europa intera. La moglie Ciadina vive con la sorella sposata, i figli di lei, la suocera e il figlio Mario di circa 9 anni che non lo riconosce come padre e lo ignora, chiamando papà lo zio Giuseppe.

Sono tempi difficili da vivere dopo il conflitto, ma Secondo, siccome si era trovato molto bene, decide di ritornare in Galles insieme alla moglie e al figlio in cerca di fortuna, un po’ come suo padre era emigrato in America. Di lui non sa nulla, solo che è vivo, che vive vicino a New York e che lavora come manovale e uomo di fatica!

Di nuovo all’estero, ancora in Galles, questa volta presso un ingegnere di nome Mapp, sposato con un’infermiera londinese, i quali hanno acquistato una vecchia fattoria, con tanti animali.

Secondo è stimato da tutti, si rimbocca le maniche e anche sua moglie Ciadina lo sostiene molto.

Racconta Ciadina, che lavora come sarta: “Vivere in Galles non è così facile come pensavo, anzi, è tremendo, non capisco una parola! Un giorno mi avevano assegnato il compito di accudire la casa dei padroni, ero molto indaffarata, perché la signora Mapp era molto esigente. Un ferroviere mi chiama per dirmi che c’è una mucca sulle rotaie della ferrovia e che è molto pericoloso. Ma io non capisco, lui gesticola, ma io non capisco, allora penso “Vorrà qualcosa!”. Dice cattle, cattle e allora io gli porto la teiera, kettle, kettle (mucca) e lui ride, ride e io mi sento morire, umiliata nella mia ignoranza! Ma non ho tempo per piangermi addosso: la padrona vuole la cena e devo fare in fretta perché sono una sarta e la sera tengo un corso di cucito nel paese di Trègaron, dove non si trovano sarte. Così poco a poco imparo la lingua; io e Secondo cominciamo a mettere da parte un po’ di soldi e riusciamo a comprare un bel regalo per il compleanno di Mario. Come per incanto il 10 Ottobre del 1951 ad Aberystwyth viene al mondo Giorgio.

Tra i due fratelli ci sono ben 13 anni di differenza!

Mario cresce bene e impara in fretta, l’ingegnere aiuta molto questa povera famiglia emigrata dall’Italia che è così volenterosa e desiderosa da farsi rispettare dalla popolazione locale. Secondo ricorda:  “Io ho sempre cercato di non dire mai di no a qualsiasi richiesta, il giorno lavoravo con fatica nei campi ad accudire il bestiame, sotto il sole cocente che mi bruciava le spalle, o sotto la pioggia e il freddo del rigido inverno gallese. Ma la sera quando rientravo a casa, i gallesi venivano a tagliarsi i capelli e non solo gli uomini ma anche le donne! Io facevo il barbiere e il parrucchiere ed ero anche apprezzato. Poi per risparmiare ancora un po’ di sterline, facevo anche i panieri di vimini che i gallesi acquistavano con gioia”.

Ciadina, nel frattempo, si era fatta conoscere molto bene ed era stimata da tutti, come persona e come sarta: “Per cinque sera alla settimana per tutto il periodo invernale, circa sei mesi, un taxista mi veniva a prendere a casa e mi portava in cinque paesi rurali diversi, nelle piccole scuole ad insegnare taglio e cucito; che grande soddisfazione! Le signore imparavano in fretta e io riuscivo a guadagnare 30 sterline alla settimana. Erano tanti soldi per quei tempi. Adesso ero rispettata, parlavo bene l’inglese, un po’ di gallese, ero ben inserita e non più considerata una semplice emigrata. La domenica, insieme ad un’altra famiglia di Avellino, ci incontravamo tutti insieme per il pranzo, e allora com’era bello ripensare all’Italia e al resto dei “paesani” rimasti a casa!”.

Gli anni passano e Mario va a lavorare a Londra, si è diplomato alla scuola alberghiera come cuoco.


Ha ottenuto un posto presso uno dei più rinomati e famosi alberghi di Londra, dove il tè delle cinque viene servito in teiere esclusivamente d’argento.

Mario si sposerà con Doreen, un’inglese di Brighton  e insieme partiranno per il Canada, Ontario, Mississauga dove avranno 4 figlie.

Un altro emigrato all’estero, la scelta ricade sul Canada perché non c’è il servizio militare obbligatorio, e lui ha già un posto come cuoco presso un ristorante italiano. Sono gli anni sessanta e c’è lavoro per tutti! Arrivato in Canada va alla ricerca, attraverso il consolato italiano, del nonno Serafino e lo trova che vive vicino a New York. Finalmente la famiglia si sta ritrovando.

Serafino tornerà in Italia dopo più di trent’anni! Tutto è predisposto: il piccolo Giorgio nel 1956 riceverà la Santa Cresima in Italia nel paese natale dei genitori e del nonno: Misano Cella, frazione di Misano Adriatico. Tornerà dal Galles per l’occasione anche il nonno dall’America. Nessuno lo riconosce, quindi lui manda una lettera all’ufficio postale di Misano in cui comunica che arriverà presso il porto di Genova con la nave Andrea Doria, indosserà un cappello bianco di paglia. Quando la nave attraccherà, salirà nel punto più alto della nave e lo sventolerà, sarà quello il segnale di riconoscimento; e così avviene. Sono tutti in Italia, tranne Mario, ma la grande famiglia e tutti i vecchi amici ora si ritrovano.

Il nonno Serafino non racconterà le sofferenze e le umiliazioni patite, ma elargirà a tutta la famiglia molti soldi e tanto benessere, comprando una grande azienda agricola con tanto di bestiame. Che bei momenti! Ma il destino vuole che duri poche settimane, infatti il nonno torna a New Haven, lavora come giardiniere presso l’università di Yale e non più come lustrascarpe.

Morirà in America nel ‘62 e riposa tuttora nel cimitero di New Haven.

Mario intanto è in Canada: è diventato un imprenditore, le quattro figlie si sposeranno con italiani e studieranno: la primogenita Laura è dirigente scolastico di una scuola a Mississauga – Toronto.

Secondo è tornato con Ciadina e Giorgio in Galles, ma soffermiamoci sul secondogenito Giorgio. Questo ragazzo cresce bene in Galles, l’ingegnere non ha figli e lo segue costantemente insegnandoli tante cose. Giorgio è intelligente e impara in fretta, racconta: ”Una radio locale convoca gli stranieri presenti nella zona e chiede che si esprimano raccontando un aneddoto in tre lingue: inglese, gallese e in italiano”.

Il bambino, che ha poco più di 10 anni, partecipa e racconta: ”Amavo pescare, Mapp mi aveva insegnato a pescare con la mosca e io ero felicissimo; presi una trota di 1,5 kg, nessuno ci credette ma io ero felice lo stesso!”. Racconta ancora Giorgio: ”Il mio amico del cuore è un gallese. Era un birichino perché rubava sempre le mele a mister Mapp che lo sgridava e a sua volta regalava a me le mele, perché ero buono e ubbidivo sempre”.

Ma Secondo, dopo circa venti anni all’estero, vuole ritornare in Italia, non vorrebbero seguirlo né la moglie né il figlio, ma sono costretti e a malincuore faranno le valige e ripartiranno. L’intero paese di Trègaron, circa 500 persone, li saluta, si conoscono tutti. Lo stesso mister Mapp non li vuole far partire, desidera far rimanere almeno Giorgio: gli avrebbe dato la possibilità di studiare come ingegnere con la certezza di inserirlo a sua volta presso la casa automobilistica “Rover” dove lui aveva lavorato, ma Secondo non cede e tornano in Italia nel ‘65.

Ma la vita va avanti, Giorgio cresce e si sposa, ma la storia dei Michelangeli non finisce qui, perché nascono Valentina ed Emanuele e il destino vuole che Valentina riparta, ma queste volta le cose sono decisivamente diverse. Valentina nasce a Rimini il 15/11/1979, è brava a scuola, molto brava, si diploma presso il Liceo Scientifico “A.Volta” di Riccione a pieni voti, ricevendo una targhetta di riconoscimento del Rotary club di Riccione – Cattolica nell’anno scolastico 1997/98. Si iscrive alla facoltà di Economia Aziendale, presso l’Università di Bologna e prima di concludere avrà la possibilità di visitare e seguire i corsi della London School of Economics and Political Science (LSE) nel 2001, usufruendo di una borsa di studio assegnatale dall’Università di Bologna. Si laureerà  a pieni voti e la sua tesi sarà così innovativa che otterrà diverse borse di studio, una delle quali dalla banca Luigi Einaudi che le permetterà di studiare all’estero. Lei farà la scelta di andare presso l’Università di Warwich-UK e prenderà un master in economia.

Racconta Valentina: “E’ per me una grande soddisfazione, non è facile stare lontano dalla famiglia, ma è bello fare esperienza all’estero e conoscere tante persone, di tutte le nazionalità e paesi del mondo e poi faccio ricerca e questo mi permette di accedere a nuove conoscenze”.

Ancora una volta Valentina avrà il massimo dei voti nel master e la possibilità di continuare a studiare. E’ la volta dell’America. Decide di presentare domanda presso più università americane, ma ha bisogno di una borsa di studio, presenterà domanda per accedere a un concorso del Rotary Club internazionale che finanzierà due anni di studio in America. Vi partecipa, la sede del concorso è a Firenze, arrivano proposte dall’America, Valentina sostiene il colloquio e arriva prima. A sua volta l’università di Boston accetta la sua domanda e lei potrà frequentare un dottorato di ricerca in economia della durata di 5 anni. Che bello, il sogno americano si sta avverando. Si stanno facendo i preparativi: Valentina parte da Milano e arriva all’aeroporto di Logan-Boston nel 2004; ad attenderla vi sono una signora rotariana, Deborah e il marito che l’aspettano e hanno come segno di riconoscimento una bandiera italiana e un foglio con scritto il suo nome. Lei li ha notati e loro hanno notato lei per il suo abbigliamento e per le scarpe tipicamente italiane. “Strano a dirsi, ma anche il mio bisnonno aveva avuto a che fare con le scarpe! Strana coincidenza! Deborah era la mia tutor, mi avrebbe seguito per due anni, senza mai lasciarmi sola. Devo dire che sono rimasta loro amica, Willy è morto, ma Deborah è venuta anche in Italia ed è diventata anche amica dei miei genitori. A Boston abitavo nel quartiere ebraico di Collige Corner, nell’appartamento eravamo in quattro: tra le quali tre ragazze italiane e un ragazzo italiano. Qui viene messo tutto in comune e ci si aiuta a vicenda in tutte le cose, dallo studio alla casa, alla spesa. Si esce per andare a ballare e si rivivono le abitudini italiane. A Boston c’è il quartiere italiano: Little- Italy con tre chiese cattoliche, appena ci si addentra sembra di essere a casa, i profumi gli odori sono conosciuti”. Racconta ancora Valentina: “Entro in una bottega  con l’insegna scritta in italiano: -Pane -Pasta e chiedo prosciutto crudo, perché a Boston non riesco sempre a trovarlo e il salumiere mi risponde in siciliano e mi fa sorridere, perché non ho capito quasi nulla, ma respiro aria italiana. Poi vado al caffè e il barista non mi fa domande, non mi chiede se voglio un caffè nel bicchiere picco-medio-grande con latte o senza latte, con zucchero o senza zucchero, ma mi serve un espresso napoletano dall’aroma ancora presente nelle­­­­­ narici! Poi il sabato c’è il mercato del pesce e della frutta al porto, strano a dirsi ma ci sono tanti paesani che vendono pesce, frutta, pomodori italiani. Un giorno camminavo in mezzo alle bancarelle, quando un pescivendolo mi guarda, capisce che sono italiana e comincia a cantare “O Sole mio, sta in fronte a te” e io gli rispondo “Romagna mia, Romagna in fiore”. All’improvviso da più punti si alzano dei cori di canti italiani, me lo ricordo come se fosse adesso e ancora sorrido e mi commuovo. Ma l’America è anche tanta fatica, presso l’Università di Boston, un’insegnante italiana Maristella mi dirà che mi aspetteranno giorni di <<lacrime e sangue>> perché gli studi e la ricerca sono tanto impegnativi. Da quel momento studio in ogni momento della giornata, giorno e notte, poche ore di sonno e tanto studio! Mi ricordo che d’estate andavo a studiare presso la biblioteca pubblica perché a casa non c’era aria condizionata e l’estate a Boston è molto calda e afosa. Tutti i giorni per riposarmi appoggiavo la testa sul tavolo di legno e dormivo circa 10 minuti. Un giorno il bibliotecario mi dice: “Miss, perchè non va a casa a riposarsi, mi fa tanta tenerezza vederla sempre studiare! Lei farà tanta strada, ma ora vada a casa!”. Io rimanevo in biblioteca fino a mezzanotte e poi con una vecchia bicicletta tornavo a casa. Il mio appartamento era situato di fronte a una caserma dei Vigili del fuoco, i quali si erano accorti che tornavo dall’università, la sera mi salutavano e mi dicevano –Vai,forza, puoi farcela!- e io ridevo e mi sentivo un po’ meno sola. Il mio motto era “Non mollare e lavorare tantissimo”. Va avanti solo chi è bravo, chi non riesce a sostenere i ritmi viene eliminato naturalmente dal gioco, ma uno dei vantaggi di studiare all’estero è il fatto che la meritocrazia è veramente premiata”. E così è stato. Valentina ha avuto come padrini intellettuali due economisti di fama mondiale, Larry Kotlikoff (esperto di finanza pubblica, consulente di molte nazioni) e Ken Judd (fondatore della matematica dell’economia) i quali hanno visto in lei una persona eccellente.

Valentina il 17 Maggio 2009 diventa Doctor of Philophy in Economics!

Che gioia, che festa!

La cerimonia è grandiosa: migliaia di persone riempiono lo stadio di Boston.

Tanti studenti sfilano perché alla presenza delle più grandi autorevoli personalità dell’esercito, della marina, c’è il regista Steven Spielberg e le più alte autorità dell’Università.

“Mi ricordo che mi tremavano le gambe, quando ho indossato la divisa, rossa con le bande nere alle maniche, bande che non avevo sulla divisa di Warwick” . E’ il massimo!

“Presento le domande di lavoro e ho l’offerta come insegnante presso l’Università di Montreal, ad Alberta in Canada, nello Utah ecc, ma accetto l’offerta della CBO: Congressional Budget Office a Washington, che si occupa di vagliare le proposte di legge in fatto di economia”. Qui Valentina lavora dal 3 agosto con grande professionalità, nell’aprile 2011 ha ricevuto un ulteriore premio per uno studio intrapreso nell’analisi macroeconomica.

“Director’s award for exceptional achievement

This award, CBO’s highest honor, is presented annually by the Director to individuals or teams who have distinguished themselves through significant contribution to the Congressional budget process or exceptional performance for their CBO responsibilities: Valentina Michelangeli”.

Complimenti, gli italiani all’estero ne hanno fatta di strada!

 

Gli alunni della classe 3°A della scuola secondaria di I grado “G. Lanfranco” – Gabicce Mare:

Mia Avanzolini   -   Laura De Biagi   -   Elena Magi

Nicola Mattioli   -   Riccardo Rossetti   -   Lorenzo Talamelli

Vogliamo sottolineare che queste testimonianze ci hanno reso più sensibili verso quelle persone che lasciano il proprio paese in cerca di migliori condizioni di vita, proprio come hanno fatto i nostri antenati tanti anni fa.

Si ringraziano le insegnanti Loredana Rossi e Francesca Fratangelo.

Un ringraziamento particolare va al Dirigente scolastico, dott.ssa Nadia Vandi, perché ci ha offerto l’opportunità di poter partecipare al concorso.